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Concorso scultura per il nuovo ospedale di Bari: 2° premio per qualità del progetto artistico

"Il progetto s’identifica come un intervento spaziale che accoglie e restituisce vita, laddove il dinamismo dell’opera funge da “macchina visuale” del paesaggio, offrendo diverse letture/ interpretazioni della piana ulivata di Monopoli Fasano. L’opera mantiene la relazione con il paesaggio grazie anche alla sua consistenza materica: un anello di lamiera d’acciaio, scosso dal fluire di imprevedibili perturbazioni, porta in superficie gli elementi ferrosi di cui si compone la terra rossa. Su tale lamiera è inciso il disegno di un prezioso pizzo memoria della tradizione locale e altresì delle architture luminose effimere che disegnano i prospetti degli edifici in affaccio alle piazze pugliesi: grevità e leggerezza creano un ossimoro di potente capacità espressiva.

La scultura ed il suo intorno, visibili ed in costante dialogo con l’esterno e l’interno dell’ospedale, appaiono all’osservatore in perenne mutamento: l’opera si moltiplica costantemente nel gioco della luce che la colpisce e la compenetra e delle ombre che proietta. La consistenza materica del progetto è volutamente non concentrata e quasi priva di gravità: idealmente sospinta dallo spirare del vento su un ambito spaziale che così si conforma flessibile.

Il linguaggio formale del progetto, definito dall’apparente fluttuare del nastro sul suolo, si colloca in armonia con il paesaggio rurale della Piana e del nuovo ospedale: la sinuosità è generata dalle infinite interferenze che sfiorano e plasmano le nostre vite (società, salute, educazione, cultura, lavoro ecc., che insieme modificano la Natura) creando così un parallelismo contemporaneo rispetto al rigore geometrico della nuova architettura dell’edificato. L’essere umano si colloca a metà tra la razionalità scientifica e il caos della Natura, per questo l’idea di parziale sospensione del nastro: in tutto ciò c’è un equilibrio fra i due piani, uno è fluttuante e incontrollabile, l’altro contenibile e razionale.

Non è la forma dell’”oggetto architettura” la determinante, ma le modalità con cui si stabiliscono una serie di relazioni funzionali e non, a livello sociale ed urbano, e i modi con cui essa si deposita nel campo delle relazioni esistenti: l’architettura non è più solo costruzione ma disposizione di relazioni nello spazio.

L’area circoscritta all’interno del nastro scultoreo s’identifica come un articolato luogo di aggregazione sociale, dove la complessità delle dinamiche degli esseri viventi, convivono ritmate dalla scansione degli eventi e favoriscono un’interpretazione creativa e democratica dello spazio, fruibile da tutti i punti di vista.

L’opera vive, e restituisce una nuova interpretazione della vita, a tutti coloro che la osservano ed in particolare a coloro i quali entrano nello spazio che questa racchiude, per condividere un tempo “altro” della socialità: un tempo in cui l’arte offre la possibilità di un’immagine del sè onirica, un sogno fanciullesco in cui ritrovarsi, che s’imprime nella mente e rieccheggia nella memoria di chi ha partecipato lì ad una seduta di “circle-time”, ad un evento di danza contemporanea, ad un concerto, ... ed altro ancora.

“L’oggetto artistico che prende vita è una presenza reale nel setting terapeutico. Paziente e arteterapeuta partecipano all’esperienza estetica e ne sono reciprocamente influenzati, la dialettica di questa sinergia non è riconducibile alle sole parole, né al significato dell’opera stessa, ma all’estensione della conoscenza di sé e del mondo.” (dal sito: “Associazione Art Therapy Italiana”)".

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